Cartàstraccia – Ernst Jünger
- 10 Marzo, 2020
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CARTASTRACCIA
Il libraio di Altaforte racconta..
Capitolo 7 – Ernst Jünger
Una mattina di ottobre fredda di ottobre e il mare che si fa sempre più profondo diventando di un blu opaco, quasi nero.
Sul ponte di legno della nave una figura ferma, immobile tiene un taccuino tra le mani. Lo sfoglia febbrilmente e poi, con un gesto quasi di stizza, lo lancia tra le onde.
Niente di importante, parrebbe, se non fosse che quella figura è Ernst Jünger e il taccuino la bozza del suo ultimo libro. A chi gli chiedeva il perché di questa repulsione per l’opera appena conclusa, Jünger rispondeva che era proprio in questo lottare ai limiti della parola che si celava il sovratemporale e non nell’opera compiuta. Del resto, amava dire, la penna dell’autore è legata a un pantografo che traccia le vere linee dell’invisibile ed è là che tutto accade.
E se dovessimo perdere?
Se lo chiedono in tanti sul fronte francese e se lo chiedono i soldati tedeschi della compagnia assegnata al “Boschetto 125”.
Gli inglesi alle porte, una postazione impervia da difendere, una domanda pressante, che rimbalza nella mente di tutti.
E se dovessimo perdere?
Ernst Jünger ha 23 anni, è giovane ma di quella gioventù già temprata dalla grande guerra che si volge a conclusione. Se lo chiede anche lui, di fronte all’avanzata dei soldati inglesi che l’esercito teutonico, in quel frangente, non riesce ad arrestare.
Se lo chiede ma si dice anche che no, non si può cedere a quel pensiero, anche se si accorge, stupendosi, che non potrebbe opporgli che una debole resistenza.
E se dovessimo perdere?
L’esercito inglese avanza, il Boschetto 125 è perso ma, dice il giovane tenente, la resa e la sconfitta devono restare un pensiero inverosimile.
Anzi, si dovrebbe punire con la morte chi ardisse pronunciarlo prima di concludere con la pace.
È lontano ora il ricordo di Boschetto 125, dei dolori della guerra ma anche della tempra e dell’eroismo di quegli uomini che hanno segnato il passo del secolo scorso. Eppure in questi giorni ci troviamo a combattere un nemico, diverso, apparentemente invisibile. Tutti guardano al virus ma è alla nostra immagine riflessa in uno specchio che dovremmo guardare, chiedendoci se siamo degni ora, in questi giorni di follia e incertezza, di ricalcare i passi di uomini e donne che, forgiati da tempeste d’acciaio, ci hanno mostrato che è possibile plasmare la paura rendendola coraggio.
Lorenzo Cafarchio