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Cartàstraccia – Federico II

CARTASTRACCIA

Il libraio di Altaforte racconta..

Capitolo 19 – Federico II

«I cuori degli uomini sono tutti tra due dita del Misericordioso».

Federico II legge e rilegge l’hadith e chiede spiegazioni, lui, sovrano universale, a Ibn Sab’in che sorride e pazientemente gli svela il significato dei versetti.
Al-inbiratur, l’Imperatore, non è musulmano. Per lui il centro è uno e uno soltanto: Roma.

Nella nostra età si mostri nuovamente la dignità del sangue romuleo.

Di Roma incarna lo spirito proprio quando, un po’ per necessità, un po’ per curiosità, entra in contatto con l’Islam e ne studia gli aspetti, le sfaccettature, i richiami.
Lo fa, Federico II, con la base ben solida di chi sa qual è la sua Tradizione, il suo centro, le sue radici. Lo fa, lui che è Stupor Mundi, consapevole di chi è e di qual è il suo compito come Imperatore e come romano.

E il punto alla fine è tutto qui: essere consapevoli di ciò che si è. Per questo motivo le Silvia Romano o gli attivisti #welcomerefugees non potranno mai essere esempi per il confronto con ciò che è “altro”. Quindi veniat, veniat Imperator! e ricorda a questa Europa, che accoglie tutti tranne se stessa, quali sono le sue più vere e più profonde radici, quelle che non gelano mai.

federico II - Altaforte Edizioni

Ibn Sab’in legge con attenzione le pergamene che ha tra le mani, le osserva in silenzio e riflette. Ci sono cinque quesiti nella lettera che arriva da Palermo. Cinque domande e una sola firma, quella di Al-inbiratur, l’Imperatore. Federico II di Svevia.
Chiede, lui che è Stupor Mundi, cosa significhi l‘hadith secondo cui “il cuore del credente è fra due dita del Misericordioso” e lo chiede a un maestro spirituale islamico andaluso, proprio lui che da poco aveva concluso la Crociata, diventando Re di Gerusalemme.


Lo stesso che ad Agrigento, Entella, Jato, Gallo e Val Di Mazara aveva fatto tabula rasa delle roccaforti musulmane che compromettevano la stabilità del suo regno.
Eppure scrive, Federico Ruggero, a Ibn Sab’in e discute col Sufi di filosofia, di scienza divina, di anima.
Un esempio perfetto di confronto tra Islam e Occidente, nel senso più alto del termine. Un confronto possibile per Federico, semplice, se vogliamo, perché vi si accosta ben saldo sulle sue radici, conscio della propria appartenenza a quella che è la Tradizione occidentale, europea, romana.

«Nella nostra età si mostri nuovamente la dignità del sangue romuleo, torni a risplendere la lingua degli imperatori romani, sia rinnovata l’antica dignità romana e si annodi il nesso indissolubile della grazia nostra fra l’Impero Romano e i cittadini di Roma».

È chiaro per l’Imperatore chi è e chi deve essere e da questo trae la forza per potersi confrontare (e scontrare, se necessario) con cioè che è “altro”, con ciò che è “diverso”.

E l’Islam è “altro” rispetto a noi ed è un altro con cui abbiamo dovuto e dobbiamo confrontarci continuamente: lo dimostra la storia d’Italia e d’Europa tutta, lo ricordano le meravigliose moschee che costellano l’Andalusia, gli anfiteatri romani che costellano le terre d’Oriente, i racconti di epiche battaglie e crociate.
Il rapporto con l’Islam c’è sempre stato. Il punto però è l’approcciarsi ad esso.

Federico II e Ibn Sab’in si confrontano, si studiano, si comprendono. Lo fanno perché sia l’uno che l’altro conoscono e incarnano la loro Tradizione, l’uno romana, l’altro islamica. Federico II non si accosta all’Islam come l’occidentale succube dei giorni nostri, quello del #welcomerefugees che abbraccia, senza comprenderle, le altre culture dimenticando e svilendo la propria. Non scrive a Ibn Sab’in come qualcuno che si vergogna di quello che è, della sua storia, dei suoi padri.
No. Federico II è orgoglioso di quello che rappresenta, del solco nel quale è nato, vive e cammina.
Per questo il confronto c’è ed è possibile e a questo, se vogliamo parlare di Islam, noi dobbiamo puntare.


Non abbiamo bisogno delle tante Silvia Romano e di patetiche conversioni, dettate più da costrizioni psicologiche che da conoscenza reale dei testi sacri. Non abbiamo bisogno di lezioni su integrazione e inclusione da chi vede come un demerito l’essere italiano, il conservare un’identità.

Abbiamo invece bisogno di ricordare chi siamo, quindi veniat Imperator e ricorda a questi buffoni di cosa è capace il sangue romuleo.

Lorenzo Cafarchio

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