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Cartàstraccia – Harukichi Shimoi

CARTASTRACCIA

Il libraio di Altaforte racconta..

Capitolo 18 – Harukichi Shimoi

Sulle montagne di Aizu, in Giappone, c’è Roma, c’è l’Italia.


A ricordarlo, il marmo rosso di una colonna romana, donata da Mussolini, sulla quale un’aquila di bronzo, colta nell’atto di spiccare il volo, ricorda il sacrificio di venti guerrieri della Tigre Bianca che qui, giovanissimi, si diedero la morte per evitare il disonore della sconfitta. La colonna e l’aquila ne ricordano il gesto e, soprattutto, ricordano quanto vicini siano i due Popoli, uniti in quell’etica guerriera che si concretizza in un puro gesto di devotio.


Fu proprio un giapponese, Harukichi Shimoi, a ricordare questa unione raccontando ad un attento Mussolini il gesto di quei giovani. Fu lui, samurai legionario che a Fiume, Città di Vita, perla di Rivoluzione, accompagnò le gesta di D’Annunzio, a ricordare quanto la distanza fosse solo geografica ma mai ideale e di spirito.

Eccolo, Harukichi Shimoi che, nello spirito del Bushido, mostra al mondo cosa vuol dire essere un guerriero.

Harukichi Shimoi- altaforte edizioni

Allo spirito del Bushido.


Questo recita la targa di una colonna romana in marmo rosso. La sovrasta un’aquila in procinto di spiccare il volo all’ombra degli alberi dell’appennino giapponese.
Una colonna romana in Giappone, donata da Mussolini al principe Chichibu, che commemora l’estremo sacrificio di venti giovani soldati, immolatisi per sfuggire al disonore della sconfitta.
Mussolini, che rivede in quel gesto l’etica eroica che ha reso grande Roma, non rimane indifferente, non può: la comunanza che lega i destini di Italia e Giappone non è solo politica ma ideale.


Lo sa bene Harukichi Shimoi quando parte alla volta di Fiume, per seguire, o inseguire, il sogno dannunziano della città di vita, della Rivoluzione.
Lui, samurai legionario, poeta-soldato come D’Annunzio, innamorato dell’Italia a tal punto da fondare a Tokio una società dantesca, non poteva rimanere inerte davanti all’impresa per eccellenza. Del resto non ci si poteva aspettare diversamente da chi, lasciando da parte comodi studi e scrivanie, si era imbarcato di impulso con i soldati italiani per andare al fronte nel 1918 e qui vivere nelle trincee, partecipando all’esaltazione della vittoria. Combatterà al fronte, addirittura, lanciandosi contro le linee austriache armato soltanto della sua katana. La poesia si fa azione e, da giapponese, sceglie d’essere guerriero.

Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero.

Poi di nuovo, dopo la guerra, accanto a D’Annunzio che resta folgorato dall’amico nipponico, ora pronto ad essere quel samurai legionario che tanto animatamente racconterà, pochi anni più tardi, a Mussolini del sacrificio di quei venti giovani, emblema più puro dello spirito del Bushido.

Ed eccola, la colonna in marmo rosso. Ecco l’aquila che spicca il volo.

Ecco l’asse Roma-Tokio e l’unione di due Nazioni in un unico destino.

Allo spirito del Bushido.

Lorenzo Cafarchio

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