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Cartàstraccia – Jack Kerouac

CARTASTRACCIA

Il libraio di Altaforte racconta..

Capitolo 23 – Jack Kerouac

Non piace Jack Kerouac.

Non piace ai borghesi perché al produci-consuma-crepa sogna un’immensa rivoluzione di zaini. Non piace alla sinistra perché troppo cattolico, troppo anti-comunista, troppo patriota.

Non piace a nessuno Jack Kerouac e non piacciono neanche i maestri che si è scelto: Céline, John Fante e poi lui, che sempre accompagna come se fosse una musa gli scrittori e i poeti di questa America maledetta che non riesce e non vuole uniformarsi all’ubriacatura del dopoguerra. Lui è Ezra Pound ed è rinchiuso da anni al St. Elizabeth’s Hospital. Poeta tra i poeti, guarda fuori dalla sua cella e ride nel vedere allontanarsi in tutta fretta quel ragazzo col fisico da pugile e il viso da divo del cinema che, in un’America in fibrillazione per la campagna elettorale del 1952 che vedrà vincere Einsenhower, aveva appena scritto sul muro di cinta del manicomio «Ez for Pres», Ezra Pound presidente.

Jack Kerouac - altaforte edizioni

Vagabondi del Dharma, che si rifiutano di aderire alle generali richieste ch’essi consumino prodotti e perciò siano costretti a lavorare per ottenere il privilegio di consumare tutte quelle schifezze.


Questo sognava Jack Kerouac, un’immensa rivoluzione di zaini contro il conformismo di un’America preda di quel produci-consuma-crepa cui lui, figlio di ben altri maestri, poco riusciva ad adattarsi.
Inquieto, libero, sfrontato, Kerouac riesce nell’incredibile impresa di non piacere a nessuno. Non piace ai borghesi, perché fuori dagli schemi e, del resto, a chi vive nel mito del sogno americano come poteva piacere uno che, tra le altre cose, non andò in guerra perché riformato per “inadeguatezza al servizio militare”? Come può piacere a un tranquillo cittadino uno che venne coinvolto per favoreggiamento in omicidio? E come può piacere, di contro, a dei “rivoluzionari comunisti” chi si professa anticomunista e patriota?
Eppure Kerouac si conquista il pantheon di quegli scrittori maledetti che affascinano chi sa andare oltre al prodotto preconfezionato, possibilmente innocuo, che la letterature del dopo-guerra vuole proporre.


On the Road diventa un inno, un invito non alla fuga come potrebbe sembrare ma ad una rivoluzione culturale che parte dal basso che sulla strada si incarna in quei principi di identità e comunità che il mondo post-bellico andava perdendo.
Non lo capiranno. C’è chi lo definirà pessimo scrittore, mediocre filosofo e politico qualunque, chi lo accuserà di asservimento all’establishment, di individualismo, di fascismo.
Nonostante questo Kerouac va avanti, se ne frega, letteralmente, e traccia nei suoi fiumi di inchiostro vie da percorrere, strade in cui incarnare un sogno. Non per fuggire, no, ma per ritrovare e ricostruire.


Perché questo è, perché questo deve essere fatto anche nel nome di quei cattivi maestri che, dalle mura di un manicomio, hanno saputo ridare coraggio a questo nostro mondo.

«Ez for Pres»

Lorenzo Cafarchio

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