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Cartastràccia – Eliade

CARTASTRACCIA

Il libraio di Altaforte Edizioni racconta..

Capitolo 58 – Eliade

Un fulmine che colpisce durante la notte di Pasqua.

Inizia così uno dei romanzi più belli di Eliade e il superuomo appare in quell’escatologia dell’elettricità che attraversa il Novecento.

C’è tutto in quelle pagine, in quella pluralità di dimensioni che si intersecano, si sovrappongono, si interrompono e dialogano: storia delle religioni, esoterismo, il passato politico che riaffiora nei passi belli e puri dei legionari della Guardia di Ferro.

C’è tutto e quel “tutto” serve a creare un “fronte”, lo stesso che in tanti, da Evola a Cioran, si impegneranno a costruire nel corso del nostro tormentato secolo breve. Un fronte che non è mai immobile e fine a se stesso ma irrompe, inaspettato e misterioso, aprendo squarci luminosi, disegnando geometrie e geografie spirituali. Concedendo, a chi la sa cogliere, un’altra giovinezza.eliade - cartastraccia - altaforte

«Che uomo straordinario sono!», scrive Eliade nel suo diario quando, ancora sconosciuto al pubblico europeo, si paragona ai grandi della letteratura.

Esagera ma la mancanza di umiltà si fa perdonare dai suoi studi immensi e non solo a livello quantitativo. Studioso del mito e delle religioni, esperto di yoga, occultismo ed esoterismo, brillante romanziere, Eliade contribuisce a dare forma a quella religione della volontà che attraversa il secolo breve. Non poteva essere altrimenti per chi, legionario, aveva voluto seguire i passi tracciati dallo spirito puro e invitto di Codreanu. Passi che pagherà cari, con l’esilio, con il tentativo di damnatio memoriae che si scontrerà con gli indiscutibili meriti di professore e letterato.

Traccia, nei suoi testi, non una storia ma una morfologia del sacro, dà forma scritta a quel fronte spirituale che si andava creando e che trova interlocutori in Evola, Jünger e tanti altri.

Un fronte dell’essere che rivive nelle pagine di carta che regalano, a chi sa sfogliarle con particolare attenzione, un’altra giovinezza, la stessa concessa a Dominic Matei, settantenne docente di linguistica, da un fulmine a Pasqua. La stessa, forse, che avrebbe voluto avere Mircea Eliade, per scrollarsi di dosso dubbi ed esitazioni e tornare a passeggiare con Ion Mota nei campi verdi della Romania.

Di Lorenzo Cafarchio

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